L'articolo che segue è uscito inizialmente l'11 novembre 2013 sul blog Cronache di un sole lontano, vedendo poi la luce nel n. 1 dell'omonima rivista online.
Astronavi solitarie
contro mastodontici sciami di navicelle aliene a ridosso di un anello
di asteroidi, un bambino di sei anni strappato alla famiglia per
salvare il mondo, pazzeschi combattimenti simulati all'interno di
ampie stanze a gravità zero e un sacco di altri contenuti fanno di
questo film da poco uscito nelle sale una buona visione, sebbene
rifletta come uno specchio il libro da cui è stato tratto senza
rivisitazioni da parte della regia, e malgrado la relativamente breve
durata che rende obbligatorio l'approfondimento sul manoscritto di
Orson Scott Card risalente al lontano 1985 per accorgersi pienamente
della qualità di quanto si è visto. Essendo l'omonimo libro tra
i più venduti romanzi di fantascienza di sempre, l'uscita del film
era attesa un po' meno di quanto sia attesa quella del Ciclo della
Fondazione di Isaac Asimov.
Parallelismi asimoviani a
parte, nel vedere Ender's Game si
notano almeno due somiglianze col meraviglioso Dune di
David Lynch. Evitando di approfondire il paragone scontato che vede
le due opere cinematografiche essere tratte da capolavori della
letteratura di fantascienza, entrambe le pellicole riescono nel
compito di mettere in appena due ore di lungometraggio quasi tutte
le tappe del libro da cui sono tratte. Difficile dire se la trama
possa essere seguita e apprezzata al cento per cento da chi non abbia
letto i due manoscritti, soprattutto per quanto riguarda l'affrettata
introduzione iniziale che vede invece occupare un discreto numero di
pagine nei rispettivi romanzi. Inoltre per entrambi i film dobbiamo
rassegnarci a non poter dire "era meglio il libro" con fare
sprezzante, come capita spesso in questi casi. Il film di Lynch
trionfa però nella sfida in termini di personalità e di inventiva
registica dando agli spettatori/lettori qualcosa di nuovo, che non
s'aspettano. Lynch infilza più a fondo la lama della creatività,
non temendo di esagerare e di rischiare ovunque ritenga opportuno
farlo.
Nonostante
la brevità del tempo a disposizione viene centrato in pieno il
personaggio principale. Bambino fatto nascere con tecniche di
ingegneria genetica, Ender viene scelto a soli sei anni per fare
parte della Scuola di Guerra, ente con poteri eccezionali in cui ai
bambini vengono di fatto negate le gioie della fanciullezza. Nella
scuola vengono allevati i futuri comandanti della flotta che
attaccherà i Formics,
alieni insettoidi che ottant'anni prima hanno assalito la Terra e per
un soffio non hanno sterminato la specie umana. Personaggio assai
peculiare, Ender riesce sia ad indurirsi esternamente sotto le
violenze e la rigida disciplina della Scuola di Guerra, sia a
mantenere ben salda l'integrità del proprio cuore.
Quel
ragazzino è un tabù del cinema e della letteratura, arti che di
norma tracciano una netta linea di separazione tra il bene assoluto
(rappresentato da angeli vendicatori) e il male purissimo (espresso
da bastardi fino al midollo, alla Quentin Tarantino). La capacità
di infierire sul nemico con la sua stessa violenza conservando
stranamente un animo benevolo e sentendosi addirittura in colpa per
le sofferenze inflitte ai suoi spietati avversari per la paura di
essere come loro è qualcosa che forse risulta difficile immaginare
persino nella realtà. Ender è una personalità utopica. Chissà che
non possa ispirare positivamente le future generazioni, anche grazie
a questo film.
Flavio Alunni
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